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Cos’è il particolato

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Particolato, particolato sospeso, pulviscolo atmosferico, polveri sottili, polveri totali sospese (PTS), sono termini che identificano comunemente l’insieme delle sostanze sospese in aria (fibre, particelle carboniose, metalli, silice, inquinanti liquidi o solidi).

Il particolato è l’inquinante che oggi è considerato di maggiore impatto nelle aree urbane, ed è composto da tutte quelle particelle solide e liquide disperse nell’atmosfera, con un diametro che va da pochi nanometri fino ai 500 micron e oltre (cioè da miliardesimi di metro a mezzo millimetro).

Tali sostanze possono avere origine sia da fenomeni naturali (processi di erosione al suolo, incendi boschivi, dispersione di pollini etc.) sia, in gran parte, da attività antropiche, in particolar modo:
•    emissioni della combustione dei motori a combustione interna (autocarri, automobili, aeroplani);
•    emissioni del riscaldamento domestico (in particolare gasolio, carbone e legna);
•    residui dell’usura del manto stradale, dei freni e delle gomme delle vetture;
•    emissioni di lavorazioni meccaniche, dei cementifici, dei cantieri;
•    lavorazioni agricole;
•    inceneritori e centrali elettriche;
•    fumo di tabacco.

Nelle città entrano in gioco il riscaldamento civile e domestico e, soprattutto, il traffico veicolare.
Un veicolo ha infatti più modi di originare materiale particolato:
– emissione dei gas di scarico che contengono il materiale particolato che, per le caratteristiche chimiche e fisiche che lo contraddistinguono, può essere chiamato anche “areosol primario”;
– usura dei pneumatici;
– usura dei freni.

Per effetto del loro movimento, tutti gli autoveicoli concorrono poi ad usurare il manto stradale ed a riportare in sospensione il materiale articolato.
Nelle aree suburbane e rurali, entrano in gioco anche le attività industriali quali, ad esempio, la lavorazione dei metalli e la produzione di materiale per l´edilizia, e le attività agricole.

I maggiori componenti del PM sono il solfato, il nitrato, l’ammoniaca, il cloruro di sodio, il carbonio, le polveri minerali e l’acqua. A causa della sua composizione, il particolato presenta una tossicità intrinseca, che viene amplificata dalla capacità di assorbire sostanze gassose come gli IPA (idrocarburi policiclici aromatici) e i metalli pesanti, di cui alcuni sono potenti agenti cancerogeni. Inoltre, le dimensioni così ridotte (soprattutto per quanto riguarda le frazioni minori di particolato) permettono alle polveri di penetrare attraverso le vie aeree fino a raggiungere il tratto tracheo-bronchiale.

Importanza delle sorgenti antropiche

La questione è molto dibattuta. In generale, negli impianti di combustione non dotati di tecnologie specifiche, pare accertato che il diametro delle polveri sia tanto minore quanto maggiore è la temperatura di esercizio.
In qualunque impianto di combustione (dalle caldaie agli inceneritori fino ai motori delle automobili e dei camion) un innalzamento della temperatura (al di sotto comunque di un limite massimo) migliora l’efficienza della combustione e dovrebbe perciò diminuire la quantità complessiva di materiali parzialmente incombusti (dunque di particolato).
Lo SCENIHR (Scientific Committee on Emerging and Newly Identified Health Risks) comitato scientifico UE che si occupa dei nuovi/futuri rischi per la salute, considera i motori a gasolio e le auto con catalizzatori freddi o danneggiati i massimi responsabili della produzione di nanoparticelle. Lo SCHER (Scientific Committee on Health and Environmental Risks, Comitato UE per i rischi per la salute e ambientali) afferma che le maggiori emissioni di polveri fini (questa la dicitura esatta usata, intendendo PM2,5) è data dagli scarichi dei veicoli, dalla combustione di carbone o legna, processi industriali ed altre combustioni di biomasse.
Naturalmente in prossimità di impianti industriali come cementifici, altiforni, centrali a carbone, inceneritori e simili, è possibile (a seconda delle tecnologie e delle normative in atto) rilevare o ipotizzare un maggiore contributo di tali sorgenti rispetto al traffico.
Secondo i dati dell’APAT (Agenzia per la protezione dell’ambiente) riferiti al 2003, la produzione di PM10 in Italia deriverebbe: per il 49% dai trasporti; per il 27% dall’industria; per l’11% dal settore residenziale e terziario; per il 9% dal settore agricoltura e foreste; per il 4% dalla produzione di energia. Secondo uno studio del CSST su incarico dell’Automobile Club Italia, sul totale delle emissioni di PM10 in Italia il 29% deriverebbe dagli autoveicoli a gasolio, e in particolare l’8% dalle automobili in generale e l’1-2% dalle auto Euro3 ed Euro4.

Identificazione e misura quantitativa

La quantità totale di polveri sospese è in genere misurata in maniera quantitativa (peso / volume). In assenza di inquinanti atmosferici particolari, il pulviscolo contenuto nell’aria raggiunge concentrazioni diverse (mg/m3) nei diversi ambienti, generalmente è minimo in zone di alta montagna, e aumenta spostandosi dalla campagna alla città, alle aree industriali.
L’insieme delle polveri totali sospese (PTS) può essere scomposto a seconda della distribuzione delle dimensioni delle particelle. Le particelle sospese possono essere campionate mediante filtri di determinate dimensioni, analizzate quantitativamente ed identificate in base al loro massimo diametro aerodinamico equivalente (dae). Tenuto conto che il particolato è in realtà costituito da particelle di diversa densità e forma, il dae permette di uniformare e caratterizzare univocamente il comportamento aerodinamico delle particelle rapportando il diametro di queste col diametro di una particella sferica avente densità unitaria (1 g/cm3) e medesimo comportamento aerodinamico (in particolare velocità di sedimentazione e capacità di diffondere entro filtri di determinate dimensioni) nelle stesse condizioni di temperatura, pressione e umidità relativa.
Si utilizza un identificativo formale delle dimensioni, il Particulate Matter, abbreviato in PM, seguito dal diametro aerodinamico massimo delle particelle.
Ad esempio si parla di PM10 per tutte le particelle con diametro inferiore a 10 µm, pertanto il PM2,5 è un sottoinsieme del PM10, che a sua volta è un sottoinsieme del particolato grossolano ecc.

Written by sistemielettorali

4 gennaio 2012 a 16:28

Pubblicato su inquinamento

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